La sintesi dei principali avvenimenti finanziari

Settimana iniziata in positivo per i mercati finanziari, che si è voltata in negativo sul finale, soprattutto per i timori relativi alla tenuta dell’economia europea e della manifattura tedesca in particolare.

Ha pesato la pubblicazione del dato preliminare di marzo dell’indice di fiducia delle imprese manifatturiere tedesche, inferiore di oltre tre punti alle attese e più basso anche della precedente lettura. A poco ha giovato la tenuta dell’indice di fiducia dei servizi, anche perché in Francia entrambi gli indicatori sono risultati più bassi delle stime e sotto la soglia dei 50 punti.

Insomma, l’economia europea continua a inviare segnali di difficoltà, anche se non conclusivi, soprattutto nella componente industriale e più legata all’export, che ha trainato la mini-ripresa continentale negli anni scorsi.

Anche a livello micro, avvisaglie erano giunte in settimana da un profit-warning di BMW e dal calo dei corsi di Bayer, che ha perso negli Stati Uniti il primo round di un processo che vede coinvolta l’azienda.

In questo scenario, ha avuto minor impatto sui mercati la vicenda Brexit: un primo rinvio di due settimane è stato garantito dai leader europei al Regno Unito e potrebbe essere seguito da un’ulteriore estensione, anche se le elezioni europee di maggio, a cui la Gran Bretagna non dovrebbe partecipare, complicano il quadro legale in assenza di un’uscita effettiva del paese dall’Unione entro quella data. Alcune fonti riportano che tra le opzioni che il premier May intende sottoporre al voto del Parlamento britannico in caso di nuova bocciatura dell’accordo ci sia la revoca dell’articolo 50 con cui la procedura è iniziata due anni fa.

Sull’altra sponda dell’Atlantico, il mercato ha beneficiato soprattutto della conferma che la Federal Reserve adotterà per quest’anno una politica monetaria meno restrittiva rispetto a quella del 2018, anche se il “contagio” europeo ha impedito a Wall Street di chiudere in positivo, complici anche le contraddittorie voci sugli esiti delle trattative commerciali con la Cina, che sembrano peraltro far parte delle tattiche negoziali utilizzate da entrambe le parti.

Tra gli altri avvenimenti che hanno avuto impatto sui mercati azionari, va citato l’arresto dell’ex-presidente brasiliano Temer nell’ambito di un’inchiesta sulla corruzione: il rischio di un riflesso sull’attuale governo e le riforme economiche che intende intraprendere ha provocato il ribasso dell’indice Ibovespa e la caduta del real.

I mercati obbligazionari hanno beneficiato dello scenario economico, con una discesa dei tassi d’interesse che ha toccato due soglie altamente simboliche: da un lato il titolo di stato decennale tedesco è tornato a rendimenti negativi, per la prima volta dall’ottobre 2016, dall’altro la curva statunitense si è invertita, con i rendimenti sul titolo a dieci anni inferiori rispetto a quelli a tre mesi. Quest’ultimo fenomeno, per quanto largamente atteso data la dinamica dei tassi, ha risvegliato l’interesse dei mercati in quanto l’inversione della curva è ritenuta uno dei predittori, per la verità non sempre affidabile, di una futura recessione economica.

La settimana entrante appare più povera di eventi e dati potenzialmente rilevanti per i mercati finanziari rispetto a quella che si è appena conclusa. Negli Stati Uniti sono attesi gli indici di fiducia dei consumatori di marzo, i dati del settore edilizio e di compravendita di immobili di febbraio, redditi e spese personali, oltre ai dati finali del PIL del quarto trimestre 2017, previsti dagli analisti in lieve revisione al ribasso rispetto ai numeri provvisori. Nell’area euro, settimana dedicata ai dati sull’inflazione e alle vendite al dettaglio, che difficilmente dovrebbero riservare grosse sorprese, anche se potrebbero avere impatto soprattutto sul mercato valutario e dei tassi d’interesse.

L’attività gestionale di Zenit SGR è proseguita nella settimana con minimi ritocchi alla componente azionaria dei portafogli, mentre sulla componente obbligazionaria è stata inserita una posizione strategica sul Treasury statunitense a due anni, nella convinzione che i tassi a breve sulla curva del dollaro possano stabilizzarsi nel prossimo futuro o addirittura scendere.