Mercato corporate tra superstizione e fondamentali

Di Francesca Cerminara

La combinazione del quinto giorno della settimana con il numero 17 provoca in molti, gesti scaramantici, convincendoli che alcuni eventi siano influenzati da relazioni casuali, questo almeno nella tradizione italiana e dei paesi greco-latini. Questa superstizione deriva principalmente dal venerdì, giorno della morte di Gesù secondo i vangeli, e dal numero 17 che secondo i pitagorici era portatore di disgrazia essendo il numero in mezzo al 16-18, perfetti nella loro rappresentazione di quadrilateri 4×4 e 3×6.

Venerdì 17 novembre: un venerdì nero per alcuni titoli italiani.

Nel comparto industriale, Astaldi, gruppo internazionale per la costruzione di grandi opere, si trova in un forte stato di difficoltà, con la necessità di reperire capitale, o strumenti assimilabili per 400 milioni euro, tanto da provocare perdite del 75% sul titolo azionario e di 40 euro sul titolo obbligazionario che scambia sui mercati in zona 65.

Nel settore bancario, ritornava la preoccupazione dopo che tra giovedì e venerdì si era diffusa la notizia che il consorzio di banche non riscontrava le condizioni per garantire l’aumento di capitale di Banca Carige, vitale per la continuità aziendale.  L’effetto contagio si è trasferito sui titoli del Credito Valtellinese che solo pochi giorni prima, per rafforzare la struttura patrimoniale, aveva annunciato un aumento di capitale di 700 mln. Venerdì 17 i titoli subordinati della banca arrivavano a perdere oltre il 17%.

Sarà merito del CICAP, il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze, che da anni organizza la giornata anti-superstizione, oppure che anche le giornate più lunghe hanno un termine, parte delle preoccupazioni sui mercati si sono riassorbite, in primis grazie alle rassicurazioni sulla capacità di reperire risorse finanziarie per le due banche locali sotto aumento di capitale.

Per i paesi anglosassoni il numero nefasto è invece il 13, associato all’Ultima Cena dove il 13esimo apostolo, Giuda, è colui che tradirà, o in quanto numero primo, successore del numero composto 12, divisibile in parti uguali e per questo considerato numero perfetto. Così il 13 novembre del 2017 chiude una settimana di continuo allargamento per gli spread dei titoli corporate americani, che se in termini assoluti raggiungono livelli ancora contenuti, desta qualche preoccupazione la rapidità del movimento (-7.5% in 6 giorni).

La correzione è stata innescata da alcuni dati societari più deboli del previsto, amplificata dalla necessità di proteggere, prendendo profitto, le performance annuali sin qui ottenute, in un circolo vizioso che si avvita sul ritorno dell’avversione al rischio.

Superstizione a parte alcuni segnali da non sottovalutare arrivano anche dal mondo dei fondamentali.

L’ultimo report sulla stabilità finanziaria del Fondo Monetario internazionale evidenzia una crescita esponenziale del ricorso al debito in tutte le categorie di debitori (135 trilioni di dollari per le economie del G20).

Questo andamento è la diretta conseguenza dell’uscita dalla fase recessiva post crisi finanziaria, che riporta una ripresa di investimenti e consumi, e dalle azioni poste in essere dai governi per stabilizzare le economie e il settore finanziario.

Il basso livello dei tassi di interesse ha quindi stimolato la domanda di credito da parte delle società, che unitamente a condizioni finanziarie accomodanti, buone valutazioni di mercato e bassa volatilità, hanno ridotto la probabilità di default.

Rendendo particolarmente attraente l’investimento nel mondo delle obbligazioni corporate, uno dei pochi investimenti a reddito fisso che ancora offre rendimenti positivi.

A parità di condizioni finanziarie, le obbligazioni societarie potranno ancora costituire un buon investimento per i mesi a venire, ma risultano vulnerabili a nuovi shock, in particolar modo legate alle condizioni finanziarie come rialzi eccessivi dei tassi di interesse che penalizzano i debitori più a leva o i titoli a maggior duration.

Se in Europa la Banca Centrale assicura ancora una certa stabilità de tassi di interesse, il percorso dei tassi in Usa è iniziato e continuerà anche nel corso del 2018.

L’accumulo di debito non è quindi necessariamente un problema, se vi è la capacità di ripagarlo e di far fronte agli oneri al suo servizio, è quindi necessario che l’economia continui a mantenersi in fase espansiva.  Grazie al continuo flusso di dati macroeconomici positivi, negli ultimi 6 mesi la probabilità di recessione nel prossimo anno è scesa in Europa al di sotto dei livelli americani.

L’economia sembra quindi in grado di supportare una redditività aziendale tale da permettere alle società emittenti di obbligazioni di rendere sostenibile il debito accumulato. Gli indicatori di leva finanziaria per un paniere di circa 300 emittenti europei evidenziano un netto miglioramento rispetto al recente passato, proprio grazie ai benefici derivanti dalla riduzione del costo del debito e dall’aumento dei ritorni dalla gestione caratteristica.

Supportati dal un contesto economico e finanziario, gli emittenti europei potranno dare ancora un contributo positivo alla redditività di portafoglio, ma in contropartita è probabile che si dovrà accettare una maggior volatilità della stessa perché in una situazione così compressa il mercato è molto più reattivo a cambiamenti improvvisi del contesto di riferimento.

E per chi “non è vero ma ci credo” per i prossimi 8 mesi non si vedono Venerdì 17 all’orizzonte.